Quando il papà compie gli anni, ma ama i dolci solo se li si possono inzuppare in una tazza di caffè americano, la mattina (e detesta ogni tipo di frutta cotta); quando la mamma è allergica a quasi tutte le spezie, oltre che al cacao, ma vorrebbe partecipare all’assaggio; quando la figlia ama le sfide in cucina, e non si arrende ai primi orrendi risultati: ecco cosa salta fuori!
Ingredienti:
500 g di farina 00
5 cucchiai di zucchero di canna non raffinato
2 bustine di lievito (cremortartaro + bicarbonato)
5 cucchiai di olio evo
1 manciata abbondante di uvetta
1 manciata abbondante di pinoli
1 manciata abbondante di noci sgusciate e tritate
1 manciata abbondante di nocciole sgusciate e tritate
1 pizzico di peperoncino
5 cucchiai di farina di carruba
acqua tiepida qb
Procedimento:
Dopo aver acceso il forno a gas impostando la temperatura a 210 °C, Ho unito in una ciotola – con un po’ d'ansia da prestazione – la farina e lo zucchero, aggiungendo un pizzico di peperoncino (mi piace che le torte secche abbiano un retrogusto piccante che disorienti l’assaggiatore), l’uvetta e la frutta a guscio tritata a coltello. Poi ho aggiunto l’olio ed ho “pizzicato” l’impasto con le dita, fino ad ottenere un composto farinoso ma compattabile.
Dopo aver acceso il forno a gas impostando la temperatura a 210 °C, Ho unito in una ciotola – con un po’ d'ansia da prestazione – la farina e lo zucchero, aggiungendo un pizzico di peperoncino (mi piace che le torte secche abbiano un retrogusto piccante che disorienti l’assaggiatore), l’uvetta e la frutta a guscio tritata a coltello. Poi ho aggiunto l’olio ed ho “pizzicato” l’impasto con le dita, fino ad ottenere un composto farinoso ma compattabile.
A questo punto ho aggiunto il lievito e l’acqua tiepida, versandola a filo e mescolando continuamente. Chi avrà un frigo più rifornito potrà aggiungere del latte, ma non saprei indicarne le quantità: io ho aggiunto acqua finché non si è formata una pastella viscosa, ma abbastanza liquida perché ricadesse nella ciotola quando alzavo il cucchiaio di legno. Dopo di che ho versato un po’ meno della metà della pastella in un’altra ciotola, alla quale ho aggiunto 5 cucchiai di farina di carruba e altra acqua tiepida finché la consistenza non è tornata viscosa come prima (la farina di carruba assorbe moltissima umidità ed il composto si era addensato molto). Poi ho composto gli strati del dolce in una teglia da pane oliata e infarinata, alternando due mestoli di pastella chiara a due di quella scura, aggiungendo la nuova pastella partendo sempre dal centro.
Col cuore in gola ho infornato a 210 °C in un forno a gas dell’anteguerra (la prima!), sperando che riuscisse a lievitare. Ho passato praticamente tutto il tempo di cottura sbirciando dentro al forno per vedere cosa sarebbe successo ed ho deciso di abbassare a 180 °C dopo 20 minuti, poi a 140 °C dopo altri 20 minuti, per gli ultimi 10. Dopo 50 minuti di cottura ho fatto la prova stecchino, che è risultato pulito: perciò ho sfornato il pandolce, l’ho tolto dalla teglia e l’ho rimesso nel forno caldo con lo sportello aperto a raffreddare.
Lo abbiamo assaggiato al sole autunnale accompagnato da un po’ di vinsanto, con sopra della marmellata di fichi, dopo una passeggiata.
Eccolo qui sopra.
Lo abbiamo assaggiato al sole autunnale accompagnato da un po’ di vinsanto, con sopra della marmellata di fichi, dopo una passeggiata.
Eccolo qui sopra.
Ed ecco la passeggiata:
Avevo molto timore che non lievitasse, che avesse un sapore banale, che la carruba non bastasse a rendere interessante il pane, che venisse secco… insomma: non avevo molta fiducia in questa ricetta, inventata sul momento e sfornata poco dopo. Ma mi sono dovuta ricredere!